Nel 2010, un socio del Milk scrisse questo interessante articolo dal valore antropologico. Visto che l’associazione ha chiuso, lo abbiamo fatto sopravvivere qui.
Inzio così, con una domanda. Sembra strano ma non è una domanda banale come può sembrare. Essere gay in Calabria vuol dire vivere nascosti o, addirittura, smettere di vivere. Ebbene sì: è una realtà che mi appartiene, sono un giovane studente che ha deciso di migrare come gli uccelli, però al contrario. Non più da nord a sud ma viceversa. Una scelta assolutamente dura ma che mi ha fatto sperare durante la mia adolescenza, sperare in una vita diversa, senza discriminazioni.
Giù mi sentivo morto, non volevo, come molti miei conoscenti tutt’ora fanno, nascondermi. Avevo paura come loro , ma alla paura io mescolavo rabbia. La rabbia che mi faceva piangere, mi faceva credere che io fossi “diverso”, contro natura. E soffrivo in un tacito silenzio, avevo troppa paura della reazione dei miei amici, e ancor di più di quelle dei miei parenti. Trovai il coraggio per rivelarmi ad alcuni amici intimi, e rimasi sorpreso dalle loro reazioni positive. Cercavo aiuto , cercavo una mano. Decisi di andare da uno psicologo che mi aiutò a credere di più in me stesso ma comunque vivevo una vita non mia, convinto che sarei definitivamente morto una volta che fossi diventato maggiorenne. Mi sbagliavo.
Dopo la maturità sono rinato, ho scoperto me stesso , quello che sono veramente. In Calabria un omosessuale, non è accetto perché “tanto i gay non esistono”. E lì ti cade un mondo addosso, e capisci che niente è perfetto. E allora sogni un mondo diverso, quello che si vede sempre in tv.
Ormai abito a Milano da molto tempo e qui ho visto la completa differenza rispetto non solo alla Calabria ma al Sud intero. L’aria di Milano non è pesante come dicono tutti, per me è leggera , un aria che mi dà libertà e fiducia. Qui conosci la realtà, la vera realtà. Perché niente è come immaginavi che fosse. Appena arrivato qui decisi di vivere quello che ero alla luce del sole, volevo smettere di fingere. Decisi di dichiararmi a tutti coloro che fossero entrati nella mia vita, ovviamente tutti i miei colleghi universitari, e ottenni un riscontro totalmente positivo.
La Calabria è un posto stupendo per me, è la mia culla, è la mia terra, la amo. Ma coloro che la abitano non mi amano, hanno paura di me. Io che quando avevo tempo libero venivo “preteso” dai vari genitori per occuparmi dei loro bambini, perché ero un esempio, educato gentile altruista: tutti pregi che secondo loro andrebbero a smontarsi caso mai mi dichiarassi. Se qualcuno ora mi chiedesse : ora che vivi una vita “migliore” , avresti il coraggio di fare un coming out nella tua terra? Io gli risponderei che so che è davvero importante, ma al momento non penso di farlo perché non vorrei appesantire i miei genitori che ancora devono uscire dal periodo “ohmiodiohounfigliogay”.
Il Sud ha bisogno di conoscenza , semplicemente questo. La semplice conoscenza dell’omosessualità come essere, non come una malattia o una maledizione del demonio.
Enzino