Il romantico cinema cannibale queer di Bones and All

Bones and All: l’ultimo film di Guadagnino, nomadismo fluido da vedere, annusare, sentire.

Bones and All alla Mostra del Cinema di Venezia di 2022

Arrivare al Festival da Venezia nel mite settembre 2022 a torso nudo e in una giacca da donna per il ragazzo protagonista è programma di intenti. Diventare idolo al di là del genere. Quasi a dirci che la sovversione non sarà né xx né xy, ma farà la diagonale, sarà glamour oppure non sarà.

La rivoluzione non parte dal basso, e nemmeno dall’alto. In questo caso si poggia sull’arte, oddio che parolaccia, come quella del regista italiano, dal nome involontariamente commerciale Guadagnino, che sta crescendo, e con lui i suoi attori, come i protagonisti di Bones and All, le ossa e tutto, molto allineati alla sua linea di disadattamento.

Mostra del Cinema di Venezia di 2022

Moda e identità di genere

Moda per uomo, moda per donna, chissenefrega. Qual è la lettera giusta nel mondo lgbtqi+ per quell’abbigliamento?

Sigle, siglette e acronimi lasciano il tempo che trovano, specialmente se parliamo di umanità. Binario o non binario sono solo etichette, durano poco addosso, come i cartellini dei vestiti.

In Bones and All la rivoluzione passa dai corpi

La rivoluzione e i suoi surrogati passano necessariamente dai corpi. Corre sui “non binari” della coscienza plurima. Qui i ragazzi potrebbero essere etero, gay o trans.

Non importa, davvero. Intanto hanno scoperto l’America on the road con i suoi rumori e silenzi, le contraddizioni e i chiaroscuri, i paesaggi da campo lungo, le solitudini, gli orrori normalizzanti dentro gli schemi del neoliberismo conservatore.

Un viaggio che costringe loro a non farsi scoprire dall’American Dream anni ’80 reaganiano, che conteneva già in negativo i germi del trumpismo.

Bones and All

Una diversità perturbante

Dopo l’amore intenso di Chiamami col tuo nome e le geometrie deformanti, deliranti, disarticolate della scuola di danza di Suspiria, qui il perturbante è una speciale pulsione d’amore e di un cibo speciale, non privo di sensi di colpa.

Un pasto completo impossibile, “fino all’osso” (titolo della traduzione italiana del romanzo da cui è tratto) come rito di passaggio dall’infanzia alla maturità, passando per la fase di contrasto adolescenziale, una tensione inspiegabile da sopprimere ogni giorno, un olfatto speciale con cui riconoscere altri mangiatori.

Sono tra noi, sono come noi, coloro i quali condividono “quella roba brutta”, ma si sentono peggio di noi, i sensi di colpa si sentono quasi come i sensi di polpa.

Inquieta adolescenza queer in Bones and All

Si inizia con una ragazzina in via di sviluppo, il cui primo amore sarà più avanti il ragazzo fluido che è spavaldo per sua stessa ammissione per compensare i suoi 64 chili, interpretato da Timothée Chalamet.

La bimba diventata adolescente si concede la prima notte fuori a casa di amiche, e finisce malissimo non per colpa di un abuso sessuale, ma per via del dito indice dell’amica talmente invitante che succhiarselo non è sufficiente, in un’adolescenziale scena lesbo come il gelato a forma di cuore di Lolita.

Deve essere staccato con i denti, un morso improvviso, il primo colpo di scena che fa sobbalzare noi poveri umani, animali politici, padroni, sfruttatori e mangiatori sovrani del regno animale.

Cinema di Venezia Mostra

Una fuga come elemento naturale

E poi il fuggi fuggi, due bagagli e via, nella notte. La fuga come elemento naturale per sfuggire alle gabbie sociali e tentativo di prendere la distanza anche dai propri febbricitanti desideri.

L’omosessualità non è tema centrale di Bones and All, piuttosto l’emarginazione, la discriminazione, il sentirsi sbagliati per via di irresistibili voglie che fanno a cazzotti con la volontà di normalità.

L’omosessualità come allegoria

Si può leggere Bones and All come un horror cannibale, anche se qui il cannibalismo è più un’allegoria e l’omosessualità come allegoria dell’allegoria. Le tre anime con cui ognuno di noi fa i conti, anche se il libro interiore è ricco di pagine indecifrabili: identità di genere, orientamento sessuale e da non trascurare mai l’orientamento romantico.

Manca e non manca qui il tema della transessualità, poiché la fluidità è un approccio che la contiene, accettando la mutevolezza delle cellule e degli istinti, contro ogni logica che ci vuole fissi e coerenti in una pseudocoerenza che sa di circuito chiuso, di caverna illusiva, palude.

Si può tracciare un parallelo tra il centrifugato di generi nel nuovo cinema più interessante, e il mix di identità di genere, l’uscita dal binarismo, il gender fluid tra le persone e le idee diffuse nel nuovo millennio.

Così come si vendono automobili ibride si vendono canzoni ibride, e anche le opere cinematografiche sfidano le tradizionali categorie di genere, così anche gli esseri umani o umanoidi sfidano le categorie tradizionali, nel postumanesimo, come lo chiamano gli intellettuali.


Tanti generi nel multigender

L’esplosione in simultanea di tanti generi diversi, che ha avuto in Tarantino un esponente, si ripercuote sull’identità, e viceversa, nell’epoca del multiverso. In tutti i casi, il piacere e il dovere, il gioco e il giogo è quello di abbracciare la propria unicità, contro ogni omologazione, prendere a morsi anche gli stereotipi cadaverici del piano di sopra della casa della nonna.

Solo vite singolari, marciare per non marcire, sperimentare nuove possibilità. Quest’opera d’arte è volutamente ambigua e chiaramente queer, cioè non convenzionale. La parola queer ha una storia particolare, nasce come dispregiativa e via via è diventata ambiguamente meta-ambigua, parlando di quelle anime che non vogliono essere incasellate, che trovano la pace nell’annusare aria familiare al di là della classica famiglia.

La rivoluzione borghese è l’unica che sia stata realizzata, ma nella sua evoluzione o meglio regressione nel liberismo più feroce, sta sconvolgendo equilibri sociali ed economici, portandoci a mangiarci, più o meno metaforicamente, tra di noi.

Mi sono chiesto chi sei

Proviamo a essere normali dice la ragazza, ma cosa significa esserlo in quel mondo? Come tutti devono lottare, uccidere, sporcarsi di sangue, ma prima di ogni altra cosa accettarsi: We Are Who We Are.

“Mi sono chiesto chi sei” ha lasciato il padre a Maren nella sua musicassetta di addio. Quando è sbarcato al lido Timothée, bisognava sottrarlo al suo gruppo di fan. Se lo volevano mangiare letteralmente vivo.

Leggi anche un’altra interessante recensione: The Whale. Due Oscar per un frammento di umanità

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *