“Donna con le palle”: decostruire un complimento dal sapore maschilista

Le radici patriarcali di “donna con gli attributi”

Nel linguaggio comune, ci sono espressioni che sembrano innocue, addirittura lusinghiere, e che invece portano con sé strati di senso profondamente radicati nel patriarcato. Una di queste è senz’altro “donna con le palle”, variante moderna e rozza del più tradizionale “donna con gli attributi”. A un primo sguardo, può sembrare un complimento: un modo per dire che quella donna è forte, decisa, tosta.

Ma la domanda che dovremmo farci è: perché dobbiamo attribuirle valore usando un’immagine maschile?

donna con gli attributi

L’idea che forza e coraggio siano proprietà “naturali” degli uomini è un costrutto storico e culturale, non biologico. L’associazione tra testicoli e potere viene da un immaginario patriarcale in cui il corpo maschile rappresenta la norma e tutto ciò che se ne discosta è devianza o eccezione. Così, quando diciamo che una donna “ha le palle”, stiamo implicitamente dicendo che vale perché assomiglia all’uomo.
E anche se l’intenzione può essere positiva – “vuole solo dire che sei forte” – il modo in cui scegliamo di esprimere questa forza traduce un pensiero profondo: che la forza abbia un solo volto, un solo corpo, un solo genere.

Spesso le donne vengono celebrate solo se capaci di distinguersi in ambienti “da uomini” o di esibire qualità ritenute virili: freddezza, aggressività, determinazione, leadership. In queste narrazioni, la forza non è pluralità, ma conformità a un modello maschile dominante. Ne deriva che le donne “forti” diventano figure “speciali”, isolate, quasi sempre definite contro la norma femminile, mai dentro di essa.
La verità è che la forza ha mille volti, e non tutte devono adattarsi a un’idea di potere fondata sull’imitazione di tratti maschili.

Ed è qui che la mia esperienza personale si intreccia con il tema. Mi è capitato spesso di sentirmi dire frasi del tipo “sei una con le palle”, “hai un’energia maschile”, “non sembri una ragazza” e ammetto che per molto tempo non mi davano fastidio. Forse perché, da persona che si riconosce in uno stile e in un comportamento spesso codificati come “maschili”, quelle parole sembravano accettazione, riconoscimento. Mi facevano sentire vista, ma col tempo ho capito che non era un riconoscimento pieno, quanto piuttosto una forma di concessione: ti vedo, ma solo perché non sei come “le altre”. Ti rispetto, ma solo se ti avvicini a un ideale maschile.
E questo è profondamente ingiusto verso di me, ma anche verso tutte le donne che esprimono forza in altri modi. Perché il coraggio non ha bisogno di indossare giacche larghe, parlare a voce bassa, saper discutere “da maschi”. Il coraggio può avere unghie laccate, voce tremante, gesti dolci. E non per questo vale meno.

Verso un linguaggio inclusivo: celebrare la forza femminile in proprio

L’espressione “donna con le palle” è un sintomo di quanto ancora fatichiamo a riconoscere il valore delle donne in sé, senza travestirlo da mascolinità, ma non è solo colpa di chi parla: è un riflesso automatico di una cultura che per secoli ha ridotto il potere femminile a qualcosa di derivato, mai originario. Quando una donna è coraggiosa, le si attribuisce qualcosa di “prestato” dal maschile. Quando invece è empatica, riflessiva o cauta, spesso viene considerata “debole” o “insicura”. In realtà, queste caratteristiche  (insieme a molte altre) fanno parte della complessità dell’essere umano e non dovrebbero essere usate per classificare la forza secondo logiche di genere.

Io posso essere dura, diretta, poco espressiva, avere un’estetica “maschile” e tutto questo fa parte di me. Ma non voglio più che il mio valore venga riconosciuto solo perché assomiglio a un certo tipo di uomo. Voglio essere ascoltata per quello che dico, per quello che scelgo, per come reagisco. E voglio che anche chi non si comporta come me possa essere considerata forte, senza bisogno di “attribuiti” virili.

 

Donna con le palle significato

Cambiare modo di parlare è un primo passo per cambiare modo di pensare. Ecco alcune strategie pratiche per uscire dalle metafore sessiste:

  • Sostituire l’immagine con la sostanza:
 invece di “donna con le palle”, possiamo usare: tenace, risoluta, determinata, forte, coerente, capace di affrontare qualsiasi situazione.
  • Celebrare anche la forza silenziosa:
 non solo chi alza la voce o sfonda porte. Anche chi resiste giorno dopo giorno, chi si prende cura degli altri senza perdersi, chi affronta le proprie paure con onestà, ha una forza che merita rispetto.
  • Educare all’ascolto non binario:
 iniziare a riconoscere che le qualità non sono né maschili né femminili, ma umane. Chiunque può essere assertivo, empatico, protettivo, vulnerabile. Rompere questa divisione aiuta tutte le identità a respirare.
  • Far notare, senza accusare:
 quando qualcuno dice “una donna con le palle”, possiamo rispondere con una domanda: “cosa intendi, esattamente? Che è forte? Allora diciamolo così.” Educare non è correggere con rabbia, ma aprire uno spazio critico.

Alcuni esempi positivi esistono già: campagne pubblicitarie che parlano di “forza emotiva”, romanzi con protagoniste sfaccettate, collettivi che rifiutano la retorica della “donna che ce la fa da uomo”. Anche in politica, nello sport e nell’arte, molte figure stanno mostrando che si può essere potenti senza mascherarsi da altro.
L’empowerment femminile ha bisogno di strumenti linguistici nuovi, capaci di riconoscere il valore delle donne così come sono, non come eccezioni alla regola.

Donna con le palle: a che punto siamo?

Concludendo, l’espressione “donna con le palle” nasce da un mondo che non ha mai davvero saputo parlare della forza femminile senza rifarsi a un modello maschile. È ora di archiviare questo modo di dire, non per censura ma per crescita. Possiamo fare meglio. Possiamo trovare parole che riconoscano il coraggio, la determinazione, la potenza delle donne per quello che sono, non per quello che sembrano. Essere una donna forte non significa dover imitare l’uomo. Significa essere pienamente se stesse, anche quando questo rompe gli schemi. Anche quando il linguaggio ancora fatica a stare al passo.

Per esplorare tutti gli articoli relativi al femminismo, puoi visitare la sezione dedicata: femminismo intersezionale.

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Laura Concardi

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