Histoire d’O: BDSM, bisessualità e società segrete

Chi indaga la sessualità “fuori dagli schemi” s’imbatte, prima o poi, in Histoire d’O: un romanzo pubblicato nel 1954 da una scrittrice nota con lo pseudonimo di Pauline Réage. Rispetto al più celebre Marchese de Sade, la sua opera introduce la novità del punto di vista femminile sul libertinaggio estremo. Almeno, di uno dei punti di vista femminili possibili. 

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Quello adottato dal romanzo fa pensare all’aforisma che Oscar Wilde mette in bocca a Lord Henry Wotton ne Il ritratto di Dorian Gray:

“Temo che le donne apprezzino la crudeltà, la crudeltà vera e propria, più di qualsiasi altra cosa. Hanno istinti meravigliosamente primitivi. Noi le abbiamo emancipate, ma loro rimangono comunque schiave alla ricerca dei loro padroni. Adorano essere dominate.”  

Qualsiasi cosa ne pensino le altre donne, queste parole sono il ritratto perfetto di O, la protagonista nota solo con questa lettera. È un espediente curioso per nominarla: sembra volerla tutelare con l’anonimato, come se la sua storia fosse vera. Allo stesso tempo, le toglie una fisionomia individuale, per renderla identificabile con qualsiasi giovane donna

Histoire d’O: chi è la protagonista 

O è una tipica donna emancipata del secondo dopoguerra. Ha un lavoro tutto suo (è fotografa di moda), vive in un appartamento parimenti tutto suo e convive liberamente con l’uomo che ama. Prima d’incontrare lui, ha avuto diverse storie, sia con uomini che con donne. Di una sua amica era intensamente innamorata. Con le altre sue fiamme, però, si è comportata in una maniera ben diversa. 

Non si può dire che “gareggi in seduzione con gli uomini”, perché non ha alcun complesso di “inferiorità femminile”. Ma gode della propria libertà nel sedurre le ragazze e del proprio potere nel sedurre gli uomini. Almeno finché non incontra René, il suo amante attuale. Con lui, si abbandona al desiderio di essere totalmente sua, tormentoso e rassicurante insieme. Questa stabilità sentimentale, però, si trasforma in una dipendenza psicologica. Proprio a questo punto, René conduce O al castello di Roissy, dove la vita di lei cambierà per sempre. 

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Il castello di Roissy 

Il castello di Roissy è la sede di una società segreta detta, appunto, “società del castello”. La sua organizzazione è semplice da spiegare: gli uomini sono padroni e le donne sono schiave (soprattutto sessuali). Oltre a essere incatenate e sorvegliate, hanno obblighi dettagliati da rispettare, fra cui quello del silenzio e quello di non guardare in faccia gli uomini. Le “libertà” che questi ultimi si prendono con le donne comprendono fustigazioni e incatenamenti. Né sarà questo il maggior dolore fisico provato da O durante il romanzo… ma non facciamo rivelazioni ulteriori. 

La “società del castello” è un club di libertini, ma esige dalle sue donne obbedienza assoluta anche fuori dalle mura del castello. Le sue regole e i suoi rituali non hanno niente da invidiare a quelle di un ordine religioso o di una setta. Proprio di carattere religioso si rivela essere il legame fra O e René:

“L’avrebbe posseduta così come un dio possiede le sue creature, delle quali si impadronisce sotto la maschera di un mostro o di un uccello, dello spirito invisibile o dell’estasi. Teneva tanto più a lei quanto più la consegnava.” 

I molti uomini a cui O deve concedersi per obbedienza a lui gli permettono di moltiplicarsi ed essere ubiquo, come un essere sovrannaturale. Anche il tema della maschera (e della maschera animale in particolare) gioca un ruolo importante, trasfigurando i personaggi in immagini di istinti o di divinità (ma c’è una vera distinzione?)

Ancora più dominante si rivelerà essere Sir Stephen, il fratellastro maggiore di René, conosciuto fuori da Roissy. Lui arriverà al punto da convincere O ad attirare una sua amica verso i “misteri di Roissy”… 

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Histoire d’O: l’analisi psicologica

Qualcuno trova Histoire d’O troppo noioso e cerebrale. Ma proprio l’analisi psicologica che conduce lo rende un classico solido e intrigante della letteratura erotica. I personaggi femminili, benché sottomessi nel senso che sappiamo, ricevono un’attenzione notevole da parte dell’autrice. Di O conosciamo man mano tutto: paure, desideri, tabù e i legami fra di essi. È ben delineata anche Jacqueline, l’amica che lei dovrebbe sedurre per volere di Sir Stephen. Lei è un esempio di freddo egocentrismo, esemplarmente disinteressata a qualsiasi cosa non sia se stessa. Su quali sue debolezze farà leva O? Il gioco perverso di Sir Stephen funzionerà? Di certo, davanti alle fragilità dei personaggi femminili e alla sostanziale pochezza di alcuni “padroni” come René, emerge la forza del Dio Eros, apparentemente inscindibile dal potere e da quanto Oscar Wilde definirebbe “meravigliosamente primitivo”. Non c’è un vero contrasto fra la primordialità dell’eros violento e le rigide, complicate regole di Roissy: in entrambi i casi, si tratta di eccedere, imporre, lasciarsi alle spalle la società “per bene”. Se la meschinità di diversi personaggi ci può ispirare poca simpatia, la percezione di “qualcosa di immane” che aleggia (come quel dio che René avrebbe voluto essere) impone soggezione. L’eros, il divino e il potere hanno una sola radice senza nome, com’è senza nome O.

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