L’assoluzione choc di un marito violento: la violenza sulle donne è un fatto culturale

Avete letto bene. Non è uno scherzo. La violenza sulle donne può essere considerata un fatto culturale di fronte alla legge. Non è successo in chissà quale parte del mondo, ma è avvenuto proprio in Italia, a Brescia. Una donna denuncia per maltrattamenti l’ormai ex marito violento, ma il Pm ne richiede l’assoluzione: è bengalese, maltrattare le donne fa parte della sua cultura.

Bangladesh

Violenza sulle donne: il caso choc

Una ventisettenne originaria del Bangladesh, ma residente in Italia fin dall’età di 4 anni, nel 2019 aveva trovato finalmente il coraggio di denunciare l’ex marito per maltrattamenti. In una intervista per il “Giornale di Brescia” la giovane ha raccontato di essere stata venduta all’età di 17 anni e di essere stata costretta a sposare il cugino. Il padre era venuto a mancare e, dopo essere tornata in Bangladesh per l’occasione, gli zii l’avrebbero venduta a 5.000 euro per il matrimonio combinato. Tornati in Italia, il marito l’avrebbe poi costretta a lasciare la scuola, l’avrebbe segregata in casa e avrebbe abusato di lei per anni.

cultura del bangladesh

È però scioccante la richiesta di assoluzione dell’uomo da parte del Pm: per quest’ultimo la violenza sulle donne farebbe parte della cultura bengalese!

Il reato sarebbe allora “frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura.”

Praticamente, siccome l’uomo è stato cresciuto nella cultura della sottomissione della donna, allora egli è legittimato non solo dalla sua cultura, ma anche dalla Legge italiana, a maltrattare la moglie. Cioè: non lo fa per male, è che l’hanno educato così. Una giustificazione di questo tipo da parte di un Pm è pericolosissima, perché crea un precedente per far tornare indietro la giustizia italiana di più di 40 anni. Significherebbe ritornare ai tempi del delitto d’onore.

victim blaming bangladesh

Violenza sulle donne: il victim blaming

E la vittima? Come ormai possiamo immaginarci, ha pure subito del victim blaming. Per il Pm, la ragazza sapeva a cosa andava incontro quando ha sposato quell’uomo. In parole povere: se l’è cercata. E non solo. Sarebbe sempre per un fattore culturale che si è rifiutata di accettare la violenza e gli abusi, proprio per conformarsi alla cultura occidentale.

“[Ha interrotto il matrimonio] per conformare la sua esistenza a canoni marcatamente occidentali, rifiutando il modo di vivere imposto dalle tradizioni del popolo bengalese e delle quali, invece, l’imputato si è fatto fieramente latore.”

Un’insinuazione di questo tipo, oltre a essere raccapricciante, rivela dei veri e propri cortocircuiti morali.

  1. La violenza viene giustificata dalla cultura.
  2. La vittima è una cittadina italiana e deve essere tutelata dalla Legge proprio come tuttə ə cittadinə. Inoltre, la Repubblica Italiana riconosce e garantisce i diritti umani inviolabili (Art. 2), ma qui sembrano esserle negati per via delle sue origini bengalesi.
  3. Il victim blaming: la colpa è della vittima che ha sposato un uomo violento.
  4. Ricordiamo che a 17 anni la ragazza è stata costretta  a sposare un cugino.

uomini e donne del bangladesh

Cosa rischia un marito violento con la moglie?

Di norma la reclusione da tre a sette anni; in questo caso un’imputazione coatta. La Procura di Brescia dichiara di dissociarsi dalla posizione del Pm e ha presentato un’imputazione coatta per contestare la richiesta di assoluzione dell’imputato e l’archiviazione del caso.

La Procura “ripudia qualunque forma di relativismo giuridico, non ammette scriminanti estranee alla nostra legge ed è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, morale e materiale, di chiunque, a prescindere da qualsiasi riferimento ‘culturale’, nei confronti delle donne”.

Ed è proprio un caso di relativismo giuridico quello che vuole assolvere un uomo violento perché originario del Bangladesh. Il caso in questione rappresenta una novità sconvolgente anche per il fatto che è molto raro che venga presentata un’imputazione coatta per contestare una decisione presa in tribunale. E meno male, perché la vittima si è trovata di fronte a una vera e propria ingiustizia. Ora la conclusione del processo è prevista a ottobre e possiamo solo sperare che questa volta si giunga a una condanna.

Leggi anche Iran: Ucciderle tutte, una ciocca di capelli alla volta

volenza sulle donne bangladesh

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *